Qualche volta però corrisponde alla realtà dei fatti.
Quindici o venti anni fa avevo previsto e lo ribadisco adesso che l’Italia sarebbe diventata un “villaggio” cinese delocalizzato.
Il Bel Paese con tutte le sue capacità ed il “made in Italy” avrebbe realizzato prodotti di alta qualità e design per milioni di ricchi cinese, all’epoca si stimavano in 50 milioni oggi probabilmente sono molti di più.
Allo stesso tempo gli italiani avrebbero potuto godere dei prodotti realizzati in Cina, dato che quelli made in Italy non se li sarebbero potuti permettere, dato il progressivo calo del potere di acquisto dei salari.
La pandemia ha accelerato questo processo, ma penso che non riuscirò, fortunatamente per me a vedere l’epilogo di questa mia previsione, anche se ormai mi sembra che la strada sia segnata.
Ho anche un’altra profezia più recente che ho comunicato solo a qualche conoscente, ma che ora rendo di pubblico dominio, mettendo tutti i lettori in grado di deridermi se l’avrò sbagliata, pazienza correrò il rischio.
Da un po’ di anni si parla di auto elettriche, forse pochi sanno che le prime sono apparse un centinaio di anni fa, ma ormai sembrano essere diventate il futuro inevitabile.
Abbandonato l’idrogeno, magari qualcuno un giorno ci spiegherà il perché, dato che ad esempio i distributori di metano esistono già, si è imboccata dopo tentennamenti e dubbi (ricordo le parole di Marchionne, naturalmente oggi dimenticate nei ricordi televisivi a cura di lingue lisce e compiacenti) la strada dell’elettrico.
Ecco il mio pensiero, quello del “lo avevo detto”: questo tipo di veicolo elettrico non andrà da nessuna parte!
Intendiamoci, penso sia un bellissimo risultato della tecnica, funzioni benissimo e si arriverà ad autonomie accettabili, ma come spesso accade ognuno si preoccupa del proprio giardino.
L’attuale auto elettrica mi ricorda un aneddoto, ovvero ci sono dei villaggi in qualche parte dell’Asia o dell’Africa dove all’interno di abitazioni senza energia elettrica ci sono delle televisioni, ovviamente spente.
Sarete e saremo disposti a fermarci 40 minuti per fare una ricarica parziale ed acquisire un’autonomia di 150 km?
Attualmente in 40 minuti quante auto fanno rifornimento in una stazione di servizio autostradale?
Per poter soddisfare la domanda con un’attesa di 40 minuti quante colonnine di ricarica saranno necessarie?
Le case automobilistiche hanno pensato ognuna a propri modelli, privilegiando ancora la linea alla funzionalità ed ognuna ha i suoi modelli di batterie.
Nessuno ha pensato, come non aveva pensato per i caricatori telefonici, a modelli uguali o modulari oppure ad una unità comune che possa consentire di realizzare batterie piccole o grandi, sfruttando la stessa unità minima.
Quando si viaggiava con le carrozze non ci si fermava per attendere che i cavalli si riposassero, ciò che contava era che la carrozza e soprattutto il suo contenuto arrivasse nel più breve tempo possibile.
Quale mirabile soluzione avevano escogitato i nostri antenati? La sostituzione dei cavalli, opperbacco! Geniale.
Mi sono sempre chiesto se non fosse più semplice sostituire un pacco di batterie, appositamente progettate e costruite assieme alle auto, per essere sostituite in pochi minuti (quelli del caffè), oppure fosse più logico attendere 40 minuti per una ricarica parziale, supponendo che la fortuna ci assiste nel trovare una colonnina disponibile?
Magari viaggiando di notte si risolve in parte il problema e si potrebbero creare aree di sosta con intrattenimenti vari tipo Las Vegas o altri che lasciamo all’immaginazione fervida dei compatriotti.
Adesso sembra che in Cina, ohibò guarda caso, stiano predisponendo le batterie modulari, per poi consentire che i progettisti delle auto le predispongano per un cambio rapido di batterie presso le aree di servizio.
Pensate, non sarebbe necessario fare alcun intervento impiantistico nelle aree di servizio, a parte stoccaggio e ricarica, non si perderebbero posti di lavoro, il servizio rimarrebbe pressoché identico e nel tempo di un caffè “lungo” si potrebbe ripartire con la massima autonomia.
IO LO AVEVO DETTO!
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