Il titolo non mi piace, ma rende bene l’idea.

C’era un tempo, non molti anni fa, ma nella comunicazione social i giorni contano anni, in cui si scrivevano gli articoli perché fossero letti dalle persone.

Quindi avevano espressioni che colorivano i testi ed erano emozionanti o cercavano di esserlo.

C’erano alcune tecniche per attirare l’attenzione, come mettere in grassetto le parole importanti, ma finiva tutto li.

Poi sono arrivati gli algoritmi, di cui sentiamo sempre più parlare, ovvero i girini dell’intelligenza artificiale, a cui vengono sottoposti i testi per essere indicizzati, ovvero per stabilire se siano o meno conformi ai criteri di accettazione del web.

Criteri che sono stati introdotti da umani, ma che l’algoritmo rende indiscutibili ed imprescindibili.

Perciò in base al livello culturale, di istruzione e di conoscenza delle lettere, di chi ha fornito i criteri all’algoritmo, tutto viene vagliato per essere omologo a tali criteri.

Detto in modo semplice se chi “istruisce” l’algoritmo è cretino ed ignorante, lo sarà tutto ciò che viene approvato dall’algoritmo. Ottimo risultato no?

Come tutto ciò impatta con la mia vita?

Lo spiego subito.

Qualche giorno fa ho dovuto incasellare un migliaio di articoli che ho scritto nel corso degli ultimi 12 anni nei nostri siti, nati come blog e via via trasformatisi.

Mi sono capitati sottocchio dei titoli incredibili, spiritosi e vivaci, che stimolavano la curiosità di approfondire.

Ho anche verificato che più si avvicinavano ai giorni attuali più questi titoli diminuivano in quantità fino a sparire e perdevano di carattere.

Certamente contano i 12 anni che vanno dai miei 58 ai 70, la maturità o senilità, porta con sé pacatezza e rallentamento, anche mentale, ma ci sono anche altri fattori che non ho attentamente valutato, senza rendermene conto.

Nei primi anni ero da solo, successivamente si sono aggiunte altre persone, collaboratori validi, tutti più giovani di me, che porteranno avanti questa attività e per tale ragione sono stati scelti.

Questi giovani, molto presi nel lavoro e nel raggiungimento degli obiettivi, hanno spinto me e l’attività verso migliori performance e verso un utilizzo massiccio del web, base dalla quale sono partito nel 2009 per questo specifico lavoro, al tempo ero un pioniere per quanto riguarda la marcatura CE.

Lavorare da remoto, quello che ora si chiama smart working, che di smart non ha nulla ed è solo working, è un’attività che pratico dal 2009 e via via con me tutti i collaboratori, addirittura una collaboratrice da Milano non l’abbiamo ancora incontrata e lo faremo alla prossima cena aziendale.

Quindi avendo lasciato l’impostazione del lavoro dei siti ai collaboratori, certamente più esperi di me, mi sono adeguato alle loro richieste, che sono poi le richieste di Google, per quanto riguarda l’architettura dei testi.

Da qualche anno tutti gli scritti che preparo su indicazione della struttura commerciale, vengono riveduti e corretti sottoponendoli al vaglio di Yoast, un programma che indica cosa e come correggere.

Quindi i nostri testi mantengono i vari siti in posizione utile all’interno di Google, anche se non sono quelli che escono dalla mia tastiera, stavo per dire penna.

Risultato finale, abbiamo pubblicato centinaia di articoli che piacciono all’algoritmo, ma sono scomparsi quelli che, andando un po’ fuori dall’ambito del nostro lavoro, parlavano di problemi comuni a milioni di persone e mi consentivano di esprimere le mie idee su argomenti più sociali che tecnici.

Lungi da me voler passare per opinionista o tuttologo, ma non accetto neppure di diventare decerebrato per rispettare i desiderata di un algoritmo, che non ha la minima idea di come si scriva con l’emozione e con il sentimento.

Quindi da oggi riprenderò a scrivere anche di argomenti vari, senza passare per il vaglio di Yoast o di altri algoritmi, predisposti da persone che magari hanno poca dimestichezza con la lingua italiana e sono abituati a comunicare con WhatsApp o Twitter, perché oggi non si parla più, si twitta.

Questi articoli li pubblicherò nel sito “Parola di Renato” e poi saranno ripresi dagli altri siti.

Mi impegnerò a ritornare al pensiero libero da orpelli algoritmici, sbagliando la combinazione delle parole  secondo la logica di una comunicazione web-efficace, ma sperando di far capire a chi legge, che dietro la tastiera c’è un umano e non un brandello decerebrato di intelligenza artificiale.